Oggi vorrei parlarvi di una nuova funzione che è possibile attivare su Google Analytics. Mensilmente ( una volta al mese, ogni due) invio ai miei clienti con cui ho una collaborazione SEO un report sull’andamento delle visite dei loro siti web e ci sono degli aspetti che vengono sottolineati maggiormente rispetto ad altri. Uno tra questi è quello legato agli utenti che visitano i nostri siti web nella versione mobile e poi decidono di tornare a visitare il sito utilizzando un pc o un altro device! Cosa si sarebbe inventata Google? 

La risposta è Signals!  Ovvero scovare se lo stesso utente è ha visitato il nostro sito web più volte ma con device diversi!

L’analisi multi-device è sempre stata un obiettivo aziendale prezioso e una sfida difficile da raggiungere. Le intuizioni ottenute dall’interpretazione dei dati sono molto utili e i principali strumenti analitici forniscono meccanismi per realizzarla. Ma, sfortunatamente, la sua implementazione non è sempre facile.

La difficoltà di implementare questo tipo di soluzioni sta nel fatto che la generazione di identificatori univoci non viene eseguita dallo strumento analitico, ma deve essere generata dal team di sviluppo delle risorse in analisi. Ma cosa succede se non ti devi preoccupare di generare ID utente? E se potessi avere una base di utenti con milioni di identificatori? Google ha da poco implementato un nuovo servizio chiamato Google Signals, andiamo a vedere cos’è.

Che cos’è Google Signals?

E’ una nuova funzionalità per Google Analytics che consente l’analisi di più dispositivi senza la necessità di sviluppi ad hoc. Si basa sull’utilizzo dei dati degli utenti di Google che hanno attivato il sistema di “Personalizzazione degli annunci” (Ads Personalization). Cioè, utilizza i dati degli utenti che hanno effettuato l’accesso al tuo account Google, ad esempio età, sesso e posizione, a cui vengono aggiunti i dati raccolti dalla navigazione. E ciò che è quasi più importante, dato che gli utenti di solito usano l’account Google in tutti i dispositivi che usano quotidianamente, sono inclusi i dati multi-dispositivo.

L’attivazione di Google Signals aiuta a migliorare il remarketing

Google Signals è utilizzato da coloro che desiderano implementare tecniche di re-targeting o cross-device-remarketing, ovvero la tecnica che ti aiuta a indirizzare gli stessi annunci allo stesso utente / persona che si spostano tra i loro dispositivi. Può essere da mobile a tablet o da tablet a desktop.

Cosa ti permette di fare Google Signals una volta attivato?

Una volta attivato Google Signals, vengono aggiornate le seguenti funzioni di Google Analytics:

  • Report multi-dispositivo (beta): i report cross-device vengono generati senza la necessità di utilizzare viste User-ID o implementazioni aggiuntive. I report al momento disponibili sono:
    1) Sovrapposizione di dispositivi: utenti che hanno utilizzato ciascuna combinazione di dispositivi (ad esempio: Desktop + Mobile).
    2) Percorsi del dispositivo: sequenze di dispositivi utilizzati dagli utenti.
    3) Canali: acquisizione, comportamento e conversioni per canale (di default o personalizzati), utilizzando l’ultimo modello di click indiretto.
    4) Dispositivo di acquisizione: primo dispositivo utilizzato nel percorso di conversione.
  • Remarketing con Google Analytics: il pubblico creato in Google Analytics può essere utilizzato in campagne di remarketing multi-device per gli utenti che hanno attivato gli annunci funzione di personalizzazione.
  • Rapporti socio-demografici e di interesse: Google Analytics raccoglie informazioni aggiuntive dagli utenti che hanno attivato la personalizzazione degli annunci. Inoltre, i dati sono più accurati, poiché i dati provengono da utenti registrati.
  • Rapporti pubblicitari: Google Analytics raccoglie informazioni aggiuntive dai cookie pubblicitari.

Come si può configurare Google Signals?

Attualmente ci sono 2 modi per attivare per attivare Google Signals, sicuramente l’avrea visto pubblicizzare direttamente nella home di Google Analytics,  devi solo fare clic sul pulsante “Start” visualizzato nel banner blu.

Premi su INIZIA per attivare Google Signals sul tuo account di Analytics

Se non ti è comparso il banner promozionale (o l’hai cancellato perchè ti dava fastidio),all’interno di Analytics vai  nel pannello “Gestione”, successivamente in “Informazioni sul monitoraggio” e clicca su  “Raccolta di dati “. Quindi, è sufficiente selezionare la proprietà o le proprietà per le quali lo si desidera attivare. Una volta attivato, Google Signals sostituisce la raccolta di dati per le funzioni pubblicitarie.

Attivare Google Signals tramite la sezione amministrazione di Analytics

Quali sono i limiti di Google Signals?

Prima di tutto, nota che questa funzionalità oggi non è disponibile per tutti gli utenti di Google Analytics, dal momento che Google sta facendo una distribuzione progressiva. Inoltre, ricorda che la funzionalità di segnalazione cross-device è ancora in beta. Infine, in questo momento il sistema ha le seguenti limitazioni:

  • I dati raccolti da Google Signals non possono essere esportati in BigQuery.
  • I dati raccolti da Google Signals non possono essere utilizzati in Data Studio o nell’API di reporting.
  • Non è possibile accedere a Google Signals dalle visualizzazioni User-ID.
  • I dati raccolti da Google Signals non possono essere utilizzati nella dashboard, in report personalizzati e tabelle personalizzate.
  • I segmenti non possono essere applicati ai report multi-dispositivo.
  • I rapporti multi-dispositivo non mostrano i dati con un’ora di granularità.
  • Il dispositivo cross non è ancora abilitato per le proprietà dell’app.

Google Signals è ancora in versione beta e si prevede un lungo periodo di prova, dovuto dai limiti elencati qui sopra. Se sei alla ricerca di un Esperto SEO  e vuoi aumentare le visite del tuo sito web o le vendite non esitare a contattarmi.

Google Tag Manager (noto come GTM) è un sistema di gestione di script (o tag) che consente di installare tag, script e altri utili frammenti di codice direttamente sul tuo sito web. Uno dei tag più utili che si può creare su GTM è quello del Dwell Time. Andiamo a vedere cos’è.

Cos’è il Dwell Time

Il Dwell Time è la quantità di tempo che intercorre tra il momento in cui si fa clic su un risultato di ricerca e successivamente si ritorna alla SERP. Questo valore ci permette di monitorare l’efficacia di una landing page o di alcune sezioni specifiche di un sito web, capendo i motivi per cui una persona rimane un determinato periodo di tempo su una pagina prima di tornare alla SERP. Il Dwell Time ci aiuta a capire se il contenuto su cui è atterrato un utente è un contenuto ben strutturato e approfondito. Maggior tempo l’utente passa su una landing, maggiore è l’efficacia della landing stessa. Si può intendere come una metrica basata sull’utente che combina il coinvolgimento dell’utente, la durata della sessione e la percentuale di clic SERP.

Ecco alcuni esempi di tempo di sosta e come possono essere interpretati:

  • 2 secondi di Dwell Time: non ho trovato quello che volevo / mi aspettavo sul tuo sito. Così, sono tornato rapidamente alla SERP per trovare qualcosa di meglio.
  • 2 minuti di Dwell Time: ho trovato il tuo contenuto piuttosto utile e mi sono bloccato per un paio di minuti per leggerlo.
  • 10 minuti di Dwell Time: ho trovato i tuoi contenuti super-utili ed ho prestato molta attenzione in ciò che avevi da dire.

Il Dwell Time è un fattore di ranking per Google?

Non c’è alcuna conferma ufficiale da parte di Google che il Dwell Time sia di fatto un fattore di ranking. Tuttavia, quando il tuo sito si posiziona sulla prima pagina delle SERP, Google potrebbe usarlo per discernere la qualità dei tuoi contenuti. Questo perché al di fuori della top 10, il tuo sito riceverà pochissimo traffico, il che significa che non avrai molti visitatori in primo luogo. Ma la teoria dice che una volta che il tuo sito è in cima alle SERP, il dwell time potrebbe essere utilizzato da Google per indicare se il tuo sito è pertinente e soddisfa la query del ricercatore.

Come calcolare il Dwell Time con Google Tag Manager

Andiamo finalmente a vedere come calcolare il Dwell Time con Google Tag Manager. Per prima cosa abbiamo bisogno di attivare alcune variabili dalla sezione “Variabili Integrate” che sono:

  • History Source
  • New History Fragment
  • Old History Fragment
  • Page URL
  • Event

Dopo aver attivato queste variabili dovremo creare altre 2 variabili nella sezione “Variabili Definite dall’utente”.

Prima Variabile: DLV – gtm.start

Tipo di Variabile: Variabile di livello dati
Nome Variabile: gtm.start

Seconda Variabile: DLV – Time to SERP

Tipo di Variabile: Variabile di livello dati
Nome Variabile: timeToSerp

Vi basterà comunque copiare le variabili come negli screen.

Adesso andiamo a creare gli attivatori:

Primo attivatore: Cronologia – Torna alla SERP

Tipo di attivatore: Modifica della cronologia;
Questo attivatore si attiva su: Alcune modifiche della cronologia;
History Source – è uguale a – popstate
New History Fragment – corrisponde all’espressione regolare – ^$

Secondo Attivatore: Ritorna alla SERP

Tipo di attivatore: Evento Personalizzato
Nome Evento: returnToSerp
Questo attivatore si attiva su: alcuni eventi personalizzati
DLV Time to SERP – minore di – 1800000

Infine, andiamo a creare i tag che ci serviranno per calcolare il Dwell Time:

Primo Tag:

Questo primo tag è composto da una sezione “HTML Personalizzata” dove andremo ad inserire il seguente script:

[php]
<script>
(function() {
var s = document.location.search;
var h = document.location.hash;
var e = {{Event}};
var n = {{New History Fragment}};
var o = {{Old History Fragment}};

// Only run if the History API is supported
if (window.history) {

// Create a new history state if the user lands from Google’s SERP
if (e === ‘gtm.js’ &&
document.referrer.indexOf(‘www.google.’) > -1 &&
s.indexOf(‘gclid’) === -1 &&
s.indexOf(‘utm_’) === -1 &&
h !== ‘#gref’) {
window.oldFragment = false;
window.history.pushState(null,null,’#gref’);
} else if (e === ‘gtm.js’) {
window.oldFragment = true;
}

// When the user tries to return to the SERP using browser back, fire the
// Google Analytics timing event, and after it’s dispatched, manually
// navigate to the previous history entry, i.e. the SERP
if (e === ‘gtm.historyChange’ &&
n === ” &&
o === ‘gref’) {
var time = new Date().getTime() – {{DLV – gtm.start}};
if (!window.oldFragment) {
dataLayer.push({
‘event’ : ‘returnToSerp’,
‘timeToSerp’ : time,
‘eventCallback’ : function() {
window.history.go(-1);
}
});
} else {
window.history.go(-1);
}
}
}
})();
</script>
[/php]

Dopo aver inserito lo script nell’html personalizzato, gli imposteremo come attivatori “All Pages” (Tutte le pagine) e uno degli attivatori creati in precedenza, ovvero “Cronologia – Torna alla SERP”.

Secondo Tag: GA – Tempo di Permanenza – Ritorna alla SERP

Il secondo Tag è composto invece dalla sezione “Analytics” dove selezioneremo come “tipo di monitoraggio” la sezione “Tempi”.
Come “Variabile” inseriamo una delle variabili che abbiamo attivato in precedenza, ovvero: “{{Page URL}}”.
Come “Categoria” andremo ad inserire “Tempo Permanenza prima ritorno alla SERP
Come “Valore” inseriremo una delle due variabili create in precedenza, ovvero: “{{DLV – Time to SERP}}”.
Infine, spunta “ Abilita l’override delle impostazioni in questo tag” per inserire la costante che avrai creato già o che dovrai creare in questo momento dove inserirai il tuo ID di Monitoraggio di Google Analytics.
Una volta finito di strutturare il tag, lo potremo collegare all’attivatore creato in precedenza, “Ritorna alla SERP”.

E questo è quanto, ora possiamo passare alla fase di test del tag. Attiviamo la modalità “Anteprima” su GTM.

Andiamo su “Google” e cerchiamo il nostro sito.

Una volta trovato nella SERP ci clicchiamo sopra e possiamo notare fin da subito che nell’URL della pagina del nostro sito web è stato aggiunto un #gref che si attiverà ogni volta che una persona arriverà sul nostro sito web dalla SERP.

Appena arriviamo sulla landing, possiamo notare che c’è un tag che è già triggerato/attivo, ovvero il tag “Dwell Time”.

Ora proviamo ad andare indietro nella SERP cliccando sul tasto per tornare indietro (screen). Puoi notare come quando si clicca per tornare indietro, si attivi anche l’altro tag che contiene l’analytics del sito: “GA – Tempo di Permanenza – Ritorna alla SERP”.

Ciò significa che il nostro tag funziona e che adesso potremo finalmente iniziare a monitorare e calcolare il Dwell Time sul nostro sito.
L’ultimo passaggio da effettuare è pubblicare i nostri tag attraverso il tasto “Invia” in alto a destra in GTM, in questo modo renderemo effettive le modifiche fatte e la versione di GTM per il nostro sito verrà aggiornata.

Creare Report Personalizzato per il Dwell Time con Google Analytics

Una volta che abbiamo finito di creare i vari tag su GTM, li abbiamo testati e abbiamo visto che funzionano, possiamo creare il nostro report personalizzato su Google Analytics.

Andiamo su Personalizzazione→ Rapporti Personalizzati→ Nuovo Rapporto Personalizzato.

Scegliamo un nome per il nostro rapporto: “Tempo di Permanenza – Ritorna alla SERP”.
Selezioniamo il tipo di rapporto, ovvero “Tabella Piatta”.
Aggiungiamo una “Dimensione” che è “Variabile di Tempo”.
Aggiungiamo una “Metrica” che è “Tempo medio utente (sec)”.

E il gioco è fatto, ora abbiamo il nostro rapporto personalizzato sul Dwell Time delle pagine del nostro sito web.

La guida su come calcolare il Dwell Time con Google Tag Manager finisce qui. Spero che vi sia d’aiuto e che riuscirete ad applicarla nella sua interezza. Se però riscontrate qualche problema nella creazione dei tag o semplicemente avete bisogno di una consulenza per il vostro sito web, non esitate a contattarmi.

Vuoi misurare il Dwell Time delle pagine del tuo sito?

Come esperto SEO WordPress gestisco diversi progetti dove la gestione delle categorie WordPress è un’aspetto importante. Le categorie ci aiutano a suddividere ed organizzare determinate tipologie di contenuti sul nostro sito:

  • Categorie Articoli
  • Categorie Portfolio
  • Categorie Prodotti per i siti e-commerce
  • Altri tipologie di Post

Nella SEO, sappiamo tutti che il contenuto è fondamentale. Tuttavia, ciò che viene spesso trascurato è il modo in cui organizziamo tali contenuti sia per i visitatori del nostro sito che per l’indicizzazione della ricerca. Utilizzando le categorie WordPress in modo mirato, possiamo raggiungere un equilibrio nell’indirizzamento.

Dal punto di vista dell’utente, un’adeguata categorizzazione dei contenuti ti consente di navigare facilmente in ampi argomenti sul tuo sito e ottenere esattamente ciò che stai cercando. Ogni pagina di categoria può essere personalizzata e può includere elementi come contenuti personalizzati e moduli di iscrizione tramite e-mail.

Le categorie WordPress sono un ottimo modo per organizzare i contenuti sul tuo sito. Offrono la possibilità per i visitatori di approfondire contenuti pertinenti, fornendo anche un modo per strutturare i contenuti per una migliore indicizzazione della ricerca.
Le categorie organizzano i tuoi contenuti e offrono accesso diretto agli argomenti sul tuo sito web. Aiutano i lettori a trovare rapidamente i post pertinenti.

Per evitare di confondere i tuoi lettori con troppe categorie, ti consigliamo di limitarti a poche categorie.

Perché le pagine delle categorie WordPress sono importanti?

Un’adeguata organizzazione delle categorie WordPress e delle pagine delle categorie fa una grande differenza perché Google sia in grado di leggere di cosa tratta il tuo blog.

Col passare del tempo, Google è diventato sempre più intelligente. Più che mai, i risultati della ricerca vengono mostrati in base all’intento degli utenti, piuttosto che ai post dei blog SEO troppo ottimizzati. Ciò significa che è assolutamente cruciale per Google comprendere le diverse sezioni del tuo blog e di cosa si tratta!

Queste pagine di categoria sono in realtà più simili a pagine di destinazione. È strano pensare che le pagine delle categorie del tuo blog siano forse più importanti dei singoli post e pagine ma è vero. Tutto ruota intorno all’intenzione, all’usabilità e alla reperibilità dell’utente. Fondamentalmente, queste pagine di categoria fungono da “guide” che indirizzano i cercatori di Google in una direzione molto specifica.

Ottimizza i titoli e le descrizioni delle categorie WordPress

Se assegni categorie con l’obiettivo di strutturare chiaramente i contenuti e migliorare la facilità d’uso del tuo sito web, godrai automaticamente dei vantaggi in termini di SEO. Ecco gli step principali per creare correttamente le categorie del tuo sito:

  • Assegna un nome alle categorie in modo appropriato.
  • Scrivi una breve descrizione per ogni categoria.
  • Non creare nessuna categoria duplicata. In nessun caso dovresti avere nomi di categorie duplicati, oppure avere la stessa categoria per qualsiasi parte di contenuto.
  • Torna indietro tra tutti i tuoi post e aggiorna le categorie.

Se hai bisogno di aiuto per strutturare le categorie WordPress del tuo sito web o vuoi una semplice consulenza, non esitare a contattarmi.

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